La parola notte deriva dal latino “Nox”, che a sua volta deriva dal sanscrito “Nac”, che vuol dire “tempo nel quale sparisce la luce”. Se l’articolo vi è piaciuto e volete approfondire l’argomento consultare il sito ecodellalombardia.com

Sono tanti gli autori tra poeti e artisti che ne hanno fatto menzione nelle loro opere, subendone il fascino.

Come non ricordare William Shakespeare nella sua famosa tragedia Romeo e Giulietta quando la giovane Capuleti afferma: “Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?” o ancora : “E mi piace la notte ascoltare le stelle… sono come cinquecento milioni di sonagli” di Antoine de Saint Exupery, l’autore de Il piccolo principe.

Intreccio di emozioni

La notte non risparmia nessuno, intriga e spaventa allo stesso tempo ma non c’è anima viva che resti indifferente al suo cospetto. È fonte di ispirazione per molti tra cui il pittore Vincent van Gogh che scrisse: “Penso spesso che la notte è più viva e intensamente colorata del giorno“. E se pensiamo a uno tra i suoi più celebri dipinti, Notte stellata, come gli si può dare torto. Infatti, in quest’opera l’immagine della notte si fa espressione delle paure, del viaggio dell’anima e dell’inquietudine dell’artista olandese.

La notte rappresenta il momento di massimo confronto tra l’uomo e l’infinito ma anche un punto d’incontro con l’amore dove la luna diventa l’astro degli innamorati.

“È la notte dei pensieri e degli amori

per aprire queste braccia

verso mondi nuovi” canta Michele Zarrillo. D’altra parte il filosofo Friedrich Nietzsche in Così parlò Zarathustra scrisse: “È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche l’anima mia è il canto di un amante”. Anche in quest’immaginario, la notte diventa spazio d’amore.

La notte come rifugio dell’io

Si dice che la notte porti consiglio ma in realtà aumentano le nostre intime domande esistenziali.

Piero Rattalino, docente e storico del pianoforte ha affermato “Il Settecento aveva celebrato la notte in senso eminentemente sociale, come il luogo dello svago. L’Ottocento, invece, la celebrò come il rifugio dell’io che si ritrae in se stesso, isolato dal mondo e, non di rado, preda di fantasmi.”

A tal proposito, Ugo Foscolo ha scritto

E quando miro in cielo arder le stelle;

 Dico fra me pensando:

A che tante facelle?

Che fa l’aria infinita, e quel profondo Infinito Seren? che vuol dir questa Solitudine immensa? ed io che sono?” (vv. 84-89 del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia).

Inoltre, nell’ 800 nasce un nuovo genere musicale, il notturno, che rispecchia queste riflessioni e pensieri dell’uomo.

Nella letteratura russa troviamo Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij, il cui incipit è :

“Era una notte meravigliosa. Una di quelle notti come forse possono essercene soltanto quando si è giovani, egregio lettore. Il cielo era così stellato e così luminoso che, guardandolo, involontariamente veniva fatto di chiedersi: possibile che sotto un cielo come questo possano vivere persone adirate e lunatiche di vario genere?.. “